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La farmacia ospedaliera e la manipolazione dei farmaci antiblastici

M. V. Minguzzi
Il Pensiero Scientifico Editore
Edizione speciale realizzata in collaborazione con Janssen-Cilag SpA

L'incremento sempre maggiore della patologia oncologica, il cui trattamento terapeutico richiede, quasi sempre, la struttura e l'organizzazione ospedaliera, ed i notevoli sviluppi che la ricerca ha prodotto, hanno comportato la sempre maggiore frequenza del trattamento farmacologico in campo oncologico e, soprattutto, un approccio clinico tale per cui la farmacoterapia, per molte neoplasie, è diventato parte integrante delle branche terapeutiche convenzionali, quali la chirurgia e la radioterapia e spesso le può precedere (chemioterapia primaria o neoadiuvante) o seguire per ridurre le menomazioni e i danni da queste provocate, o per aumentarne i risultati (chemioterapia adiuvante).

Sono aumentate le quantità di questi farmaci impiegati presso gli ospedali e con essi gli aspetti organizzativi, tecnici e professionali della loro gestione.

La Farmacia ha prevalentemente provedduto all'acquisizione di questi farmaci, curando soprattutto gli aspetti farmacologici e professionali dell'informazione e dell'aggiornamento.

Solo di recente in Italia, ed in particolare nei paesi anglosassoni, si è proposto un nuovo tipo di cultura che associa questi farmaci, proprio per la loro azione antimitotica e citotossica, ad un potenziale rischio non solo per il paziente, ma anche per l'ambiente e, di conseguenza anche per chi è preposto alla loro manipolazione.

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